Hai coperto la mia vergogna, Anne Lécu, San Paolo
Traduzione di Luigi Albani. Vergogna e pudore sono due facce della stessa medaglia. È dicendosi consapevole del suo essere nudo, il che gli crea imbarazzo (i genitali, del resto, sono eufemisticamente chiamati anche, tra le molte definizioni, per lo più triviali, per mezzo delle quali vengono apostrofati, proprio vergogne, benché sia attraverso di essi che si generi il percorso della vita) che Adamo conferma inequivocabilmente a Dio che ha peccato, che si è nutrito del frutto dell’albero proibito, quello della conoscenza. Sono le piaghe nel corpo di chi soffre, nelle pieghe della pelle, involucro e insieme simbolo stesso di umanità, che rivelano senza possibilità di smentita il dolore. E il dolore, a volte, può, spesso ingiustificatamente, provocare vergogna. Anne Lécu è medico, lavora nelle carceri, e in quest’opera agilissima compie un’esegesi biblica non solo accurata e potente, ma emozionante e lirica, che dagli albori arriva fino alla spoliazione di Cristo, che viene privato finanche della tunica – non di pelle come quella data dal Signore ai suoi progenitori al tempo dell’Eden perché potessero andare per il mondo che avevano scelto rinunciando per hybris, disobbedienza e libero arbitrio al paradiso, bensì di lino – quando è in croce, per prendere su di sé i peccati del mondo: dinamicamente si muove dentro e fuori dal testo, raccontando anche con brio una ricerca dai molteplici obiettivi, in primo luogo il recupero di un senso autentico delle cose.